Non è semplice affrontare il tema della Festa della Donna senza peccare di superficialità: troppo spesso l’occasione viene associata ad immagini di locali stracolmi di ragazze e signore pronte ad accapigliarsi per conquistare il trofeo simbolo della serata: le mutande dello spogliarellista di turno.
Chiamatemi moralista, ma lo ritengo profondamente sbagliato.
Prima di trovare la mia strada nel campo della comunicazione ho frequentato il primo anno del corso di laurea in informatica: 300 allievi, tra i quali solo 5 di sesso femminile. Credo di non essere mai stata più viziata in vita mia: lo spirito comunitario era elevato e di qualunque cosa avessi bisogno vi era sempre qualcuno disposto ad aiutarmi. Ebbene, quell’8 marzo i ragazzi del corso avevano deciso di dimostrare fattivamente quanto tenessero a noi, e quale miglior modo se non organizzare ciò che tutte le donne desiderano in occasione della loro festa? Sì, avete intuito bene: hanno realizzato un vero e proprio spogliarello al termine delle lezioni. Non so raccontarvene gli esiti né il grado di castità: sono tornata a casa due ore prima per evitare di dover anche ringraziare.
E’ solo un aneddoto, ma lo ritengo sintomatico di una percezione sì sbagliata, ma alimentata dal comportamento di alcune di noi. Intendiamoci, il problema non è lo spogliarello in quanto tale, ma la volgarità che a questo spesso si associa, sul palco quanto in platea, sfociando in una degenerazione dei comportamenti che fatico a spiegarmi.
Qual è il senso? Rompere ogni regola una notte all’anno? Sentirsi libere e senza costrizioni? Allora ci troviamo di fronte ad un problema più profondo, che andrebbe affrontato giorno dopo giorno, cercando di trovare la propria dimensione e la propria libertà in ogni momento, senza eccessi.
La festa della donna è una ricorrenza importante e dovremmo riappropriarcene, associandola a significati più alti: le pari opportunità, le quote rosa, un’equa divisione del lavoro domestico.
E’ facile regalare un rametto di mimosa, più complesso è invece regalare un’intera giornata di riposo, o prestarsi a quell’attività che lei tanto ama e lui mal sopporta; sarebbe fondamentale anche fermarsi un secondo per prendere coscienza di quanto il mondo sia pericoloso per le donne, di quanta violenza venga riversata sui loro corpi e sulla loro psiche, ma sono temi troppo grandi: l’unico modo per migliorare la realtà è partire piccole cose.
Cari uomini, l’8 marzo anziché comprare un rametto di mimosa fate voi i piatti, lavate i pavimenti, stirate le vostre camicie, fate la lavatrice, portate voi i bambini a calcio o a danza, cucinate; in poche parole: provate a vivere le 24 delle vostri mogli o compagne. La mimosa fa bene solo ai fiorai.
Doveva essere un articolo di idee regalo… è diventato qualcosa di diverso, spero non vi dispiaccia.
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